Ven. 17 ottobre. 
          
          Dopo un po' di moto i ragazzi (puberi) del paese giocano a pallone e 
          le ragazze (pubere anch'esse) li osservano, ridacchiando ogni tanto. 
          Questa è un'immagine del passato, e forse bisogna aver vissuto almeno 
          mezzo secolo per capirla. 
Forse 
          è solo lo specchio matto della nostalgia che ci gioca uno scherzo, ma 
          questo non cambierà il fascino del ricordo. Probabilmente cose di questo 
          genere accadono ancora in tanti pesi ovunque, ma non ce ne accorgiamo 
          certo leggendo i giornali. C'è un senso di comunità, di civiltà, un 
          qualcosa che si trova nella vasta area tra un Kibbutz e la vita tra 
          i vicini di casa di un condominio di New York, certo, con la giusta 
          distanza da entrambi. 
        Sab. 18 dicembre. 
          Vedo Italiano davanti all'ufficio postale. Sta scavando in una fossa 
          con una altro. Che scavano? Pare che nel '44 i tedeschi minarono la 
          strada che passa davanti al circolo (quel santuario strettamente riservato 
          agli uomini dove si rifugiano saltuariamente dopo cena per bevicchiare 
          con gli amici); le mine furono rimosse dopo la guerra, (sempre secondo 
          Italiano), ma adesso il palazzo sta affondando nel vuoto lasciato dalle 
          mine. Carlo, il postino, mi mostra la crepa nel muro, le piastrelle 
          incavò nel pavimento. Attenti alle mine, dico io. Via! Risponde Italiano, 
          non c'è problema. Speriamo bene.
        Sab. 7 gennaio. 
          Raccontando una notizia riportata dal TG, il caso del tale che venne 
          assolto pur essendo stato imputato d'aver valicato un metal detector 
          (della società dove lavorava la moglie) espropriano un carico di venti 
          chilogrammi d'oro, Italiano offre una delle sue: "Mio nonno diceva, 
          'con i soldi si può mandare l'acqua in salita." A tal proposito, la 
          ditta andò fallita. 
        Lun. 2 marzo. 
          Arrivano i carabinieri per fare una visita. C'è il capitano e il brigadiere. 
          Chiacchieriamo un po' nel salotto in compagnia di una possente grappa 
          nostrana al calduccio di un focolare rovente. Il capitano, un uomo ben 
          piazzato sui 40, 15 anni di servizio alle spalle, è un uomo alla mano, 
          ha partecipato a molte indagini sul territorio di Roma prima di essere 
          riassegnato al Valdarno. Ad un certo punto racconta - con molta sincerità 
          - della sensazione che si prova quando si bracca un uomo. Diventa, dice 
          il capitano, la cosa più importante della tua vita; nulla ha importanza 
          tranne la perseveranza. Dice che non conta più la famiglia, nemmeno 
          - a quanto pare - la legge. Ci sono stati dei momenti dove ha dovuto 
          piegare la legge. Per esempio, una volta quando stava per acciuffare 
          un ricercato, bloccò l'accesso alle cabine telefoniche della cava riempiendo 
          le gettoniere con della semplice gomma da masticare. Dopo l'arresto 
          del ricercato, il capitano si chiese in che modo la SIP riuscì a risolvere 
          quel problema alquanto appiccicoso.
         Dom. 11 novembre.
          Ieri sera siamo andati alla festa del Paese, la solita storia, bistecche, 
          rosticciane e barili di vino, non si può chiedere di meglio, anche se 
          non è il tipo di menù che t'ispira ad andare a ballare, cosa che hanno 
          fatto poi tutti gli altri. Andando a casa sotto il plenilunio d'equinozio, 
          mi sono fermato a fare due chiacchiere con Mario, il mio "sponsor" nella 
          annuale gara di marcia svoltasi il precedente pomeriggio (Mario faceva 
          parte del movimento di massa di uno o due Pievigiani che volevano a 
          tutti i costi premiarmi con tanto di coppa "per l'atleta che viene da 
          più lontano" il che spiegherebbe la ragione per cui sono arrivato ultimo). 
          Stavo giusto lamentandomi delle noie che avevo durante l'allenamento 
          per via dell'inusuale invasione di tafani. Lui era d'accordo, e disse: 
          "pensandoci bene, l'altro giorno ne ho inghiottito uno. Stavo cercando 
          di stare dietro a Silvano e respiravo con la bocca aperta quando a un 
          tratto me ne trovo uno in gola. Ho avuto disturbi allo stomaco per l'intera 
          giornata". È terribile, dissi io, ma lui alzò le spalle, dicendo: "ma 
          quella ha avuto la peggio".
        Dom. 9 ottobre.
          Di nuovo stagione di vendemmie. Questa settimana la nostra: 37 ½ casse. 
          Ho controllato i dati dell'anno scorso, ma la mia calligrafia è illeggibile, 
          persa in uno sgorbio color vino. Ma comunque mi ricordo che c'erano 
          più di 50 casse, forse 52, in ogni caso trabordavano, ragion per cui 
          facemmo diverse bottiglie di rosé. Quest'anno il mosto metro - indicatore 
          del contenuto di zucchero nella uva - legge sempre oltre il 20, il che 
          significa che sarà un buon vino toscano. Mi trovo spesso in viaggio, 
          e talvolta quando arrivo a New York (dove sono nato e cresciuto) dopo 
          un'assenza di sei mesi e passa, mi trovo in un mondo di trend, mode, 
          e anche di nuove parole da aggiungere al mio vocabolario. Ma quando 
          torno nella mia casa di Pieve a Presciano, c'è la stessa gallina che 
          attraversa la strada, la stessa capra che fa "beeeh", e lo stesso signor 
          cipresso che mi da il benvenuto sventolando nella brezza la sua cima 
          puntellata. Mi rendo conto dell'illusione, che anche le galline, le 
          capre e i cipressi hanno il loro ciclo di vita. Sono cambiate più cose 
          negli ultimi 15 anni - di solito per il meglio, questo lo confermerebbero 
          gli anziani del paese - che nel precedente secolo e passa. Vittoria 
          dice: "Guarda, bisogna sapere che la vita è nient'altro che un passaggio". 
          Ma ho trovato un luogo dove si può tornare dopo un lungo viaggio per 
          ritrovare un posto dove tutto il mondo sembra giusto, ed ogni cosa, 
          che sia grande o piccola, si trova al suo posto. È un passo da qui, 
          in fondo alla strada. Passa l'anno… Di ritorno il 27 maggio, dopo un 
          mese negli Stati Uniti. Non posso più illudermi dell'eternità rurale 
          della Pieve, specialmente dopo quello che è successo ieri sera. Franca 
          ha inaugurato il nuovo alimentari, decentrato dal paese e portato ai 
          quartieri periferici dopo la falegnameria. Potrebbe benissimo stare 
          nella California. La festa è stata divertente; anche un segno dei tempi 
          cambiati. C'era uno scenario strabiliante quando ci siamo incamminati, 
          al calar del sole, verso casa - Nonno Luigi della Franca stava sulla 
          collina prospiciente al nuovo edificio. Stava li, bagnato dalla luce 
          de crepuscolo, forse è l'uomo più anziano del paese, certamente il più 
          vigoroso, il più patriarcale, scrutando dall'alto i colori del crepuscolo 
          - a distanza d'orecchio dalla festa, ma in completa solitudine, con 
          la giacca sulle spalle, come sempre. Passando con la macchina ci ha 
          fatto un regalo: un saluto espansivo. L'altro giorno, nell'ufficio postale, 
          stava farfugliando di suo padre e tanta altra gente che se ne era andata 
          già da tanto tempo, però ne parlava come se stessero dietro l'angolo. 
          Parlava con Franchino (classe 1906). Luigi diceva: "Se ho campato finora, 
          qualcosa ho fatto". Devo scrivere di più quando sento dire queste cose, 
          anche dagli altri. 
        Mar. 24 Luglio. 
          Arriva una lettera dalla chiesa, S. Pietro Apostolo. Chiedono soldi 
          per pagare i lavori di ristrutturazione del campanile. Il costo è di 
          venti milioni, diciotto milioni e novecentomila per la ristrutturazione 
          e un milione e centomila per cambiare il parafulmine. Ci sono 130 famiglie 
          nella chiesa, dice il comitato, e dato che mancano tredici milioni (sette 
          milioni ci sono già) la "gelida matematica" scaturisce che ognuna di 
          queste famiglie deve pagare centomila lire. Anche se l'edificio sarà 
          solo della fine dell'ottocento, il campanile è discreto, e a dir la 
          verità la ristrutturazione ha "riportato la chiesa al suo splendore 
          originale", come scrive il comitato. Le campane, e il campanile sono 
          ingranaggi fondamentali nella vita quotidiana del paese, anche se il 
          mondo moderno sta lentamente offuscando i loro ruoli. Suonano alle 6,30 
          del mattino per coloro che devono andare nei campi; suonano a mezzogiorno 
          per la pausa pranzo, e di nuovo a fine giornata; suonano quando muore 
          uno di noi, e un'ora prima di ogni messa. I giorni, in tempi remoti, 
          erano coccolati, informati dalle campane, e ci sono ancora, ma pochi 
          ormai, che attizzano l'orecchio per seguire i messaggi del dì. Incuriositi 
          vi chiederete "e con questo"? Niente. Solo un piccolo senso di sconforto 
          sapendo che le campane stesse non si muovono più, e non c'è nemmeno 
          il campanaro del paese. C'è solo un motore elettrico. 
        Sab. 28 luglio. 
          L'argomento principale da queste parti è l'acqua, e il caldo, l'abbondanza 
          di quest'ultimo, e la scarsità del primo. Ma questa mattina, sulla panchina 
          del parco, bastone in mano, Franchino è capitato sull'argomento dei 
          miracoli (avendo finito sull'acqua e il caldo). Non ci crede manco un 
          poco, dice, irridendo tutte quelle persone che buttano via le loro stampelle. 
          Però la bestemmia la trova tonificante. Un uomo si deve sfogare, asserisce 
          Franchino raccontando di un certo giovane che era così chiuso in sé 
          stesso che in un momento di crisi si buttò in un pozzo e annegò. Se 
          si fosse espresso non sarebbe successa questa disgrazia. L'uomo con 
          il bastone seduto accanto, il cui nome non conosco, non era della stessa 
          idea. Lui credeva nelle proprietà positive della redenzione della fede, 
          se uno ce l'ha veramente nel cuore. In tal caso la fede può essere più 
          terapeutica di un dottore. Franchino continua ad essere scettico… Ieri 
          siamo andati alla prima, ufficiale mostra d'arte della Pieve: una mostra 
          dell'Architetto Austriaco Puhringer, esibita alla "Ex-Filanda" di Arturo 
          Ghezzi. La vecchia filanda dei Ghezzi è stata trasformata in un oasi 
          per artisti, studi e spazio esposizioni (in mezzo a un campo di ganturco). 
          Bellissimo lo è. Funzionale,chissà. 
        Lun. 30 luglio.
          Ieri è venuto su Ilario il rabdomante in cerca di acqua. L'attrezzo 
          del mestiere è un vinco appena tagliato. Il vocabolo italiano lo definisce 
          "ramo flessibile di salice o altra pianta". Ci sono diversi rami grezzi 
          sul sedile anteriore della sua Panda. Conosco bene la pianta. È un cespuglio 
          che gode d'umidità ed è spesso usato per la sua flessibilità - nel legare 
          le viti per esempio - e meno spesso per le sue misteriose proprietà 
          magiche. Si tratta della famosa bacchetta rabdomantica, da queste parti 
          si usa ancora. In ogni caso Ilario mi ha cortesemente permesso di seguirlo 
          mentre fa rabdomanzia nelle fratte. Il vinco, spogliato delle sue foglie 
          a lacrima, smilzo come una matita, viene piegato a forma circolare per 
          poi essere impugnato con ambedue le mani in posizione estesa. Ilario 
          stava procedendo con un passo simile a quello del mostro di Frankenstein. 
          Le sue scarpe da ginnastica erano di un rosso sbiadito, da tempo perforate 
          dai suoi ditoni. Passa non più di un minuto "acqua"! A circa trenta 
          metri di profondità, secondo lui. Ma purtroppo l'acqua era due passi 
          oltre il confine della nostra terra e ha dovuto spedirlo in un'altra 
          direzione. Abbiamo scoperto che ce n'era a fiotti sotto il vigneto superiore 
          (confermando le dicerie), e per ragioni di convenienza - il problema 
          del pachiderma di camion che porta in groppa la perforatrice - Ilario, 
          o la "Forza" in lui, ha deciso che il punto ideale era all'incirca a 
          metà della stradina sterrata che confina con il bosco da un lato e il 
          vigneto in questione dall'altra. Fin qui tutto a posto, finché Ilario 
          non è tornato in macchina per prendere un'altra bacchetta più fine, 
          e quindi immagino "più sensibile". "Qui non ci piove", ha detto… un 
          idioma che non avevo mai sentito prima e che doveva essere interpretato. 
          Quello che voleva dire era che "questo è un punto dove puoi essere sicuro 
          che troverai acqua", o meglio ancora, "Qui sei coperto", come se stessi 
          sotto ad un buon tetto durante la pioggia. A vedere Ilario, fare il 
          rabdomante sembra un lavoro duro. Quando arrivano le vibrazioni non 
          solo il vinco viene piegato verso terra, ma ti dà una tremenda botta, 
          o almeno ci prova, quando si mette a tremare. Ilario un paio di volte 
          ha dovuto smettere per recuperare le forze. Che buon vicino abbiamo!... 
          Oggi si è presentato Ilario come promesso. Questa volta in compagnia 
          del figlio del pozzaio, un giovane alto, abbronzato, con le catenine 
          d'oro, un orologio costellato di diamanti, e un biglietto da visita 
          fosforescente. "Non crede che dovrei consultare un geologo"? Gli ho 
          chiesto, non prima di essermi accertato della lontananza di Ilario. 
          Il giovane ha sorriso, come per deridere la mia poca fede. "Certo può 
          ottenere una ricerca geologica", ma ha aggiunto, fregando il pollice 
          su due dita: "costa". Nel frattempo Ilario ha confermato il punto di 
          ieri, ma sul suggerimento di Beverly ha deciso di esaminare l'area dove 
          avevamo già un pozzo superficiale. "Il pozzo deve stare qui", ha detto 
          Ilario tremando veementemente in questo nuovo loco. "Non riesco nemmeno 
          a tenere il vinco in mano". 
        Ven. 2 agosto. 
          Ieri sera abbiamo incontrato Raimondo che stava camminando con il suo 
          amicone americano Stan Galli. Gli ho detto che la trave pericolante 
          della pergola è finalmente crollata. "Senta, ha detto, se non si abbattono 
          gli alberi durante la luna giusta, la trave marcisce. La luna deve essere 
          tra piena e nuova". Assorbendo questa informazione, mi sono trovato 
          ribattendo che, dopo tutto, la trave è durata sedici anni, e quella 
          centrale pare ancora nuova. Ma in questo Raimondo ha trovato solo la 
          conferma della sua teoria lunare, chiaramente la trave centrale è stata 
          tagliata durante la fase lunare giusta.
         Lun. 5 agosto. 
          La notte scorsa, sono uscito per vedere che cos'era quel rumore di animale-mangia-legna 
          e per spiare tra la luce lunare un paio di caprioli di cui avevamo sentito 
          parlare. Fuggono via, lasciandomi quest'immagine meravigliosa eternamente 
          scolpita nella mia mente. Gio. 19 settembre. Ho sentito due proverbi 
          locali. Nel primo, Angelino sta rispondendo al mio commento che Luigi, 
          il nonno di sua moglie, è ancora un ottimo artigiano. Ha rammentato 
          le nostre sedie di paglia, un modello alquanto intricato. Angelino ha 
          risposto: "L'uomo che impara arte, mette da parte". Questa mattina, 
          come tante altre, incontro il vecchio artigiano in persona e cominciamo 
          a parlare del bel tempo, come sempre, "il tempo non cambierà fino a 
          domenica", dice. "Chi lo dice"? chiedo io. "Lo dico io" risponde con 
          solida autorità. Poi dice: "Il tempo buono è come la salute: non è mai 
          troppo". 
        Lun. 28 ottobre. 
          L'altro giorno sulla salita verso casa vedo un paio di vecchiette che 
          raccolgono legna dove una volta giocavano le capre (ahimè, non ci sono 
          più). Una delle due dice: "Ti scaldi due volte con questa legna: quando 
          accendi il fuoco e quando la raccogli". Questa battuta deve essere una 
          di quelle antiche, mi dico tra me dopo una lunga risata, ma proprio 
          preistorica, eh! Dev'essere una "barzelletta" scritta subito dopo la 
          scoperta del fuoco. Allora vuol dire che c'erano anche scrittori, e 
          pure comici in quei tempi. Ma forse…forse. Tutto quello da scrivere 
          è già stato scritto proprio qui. 
        — Robert Katz