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Robert Katz’s History of Modern Italy
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Diario di un viaggiatore

Ven. 17 ottobre.
Dopo un po' di moto i ragazzi (puberi) del paese giocano a pallone e le ragazze (pubere anch'esse) li osservano, ridacchiando ogni tanto. Questa è un'immagine del passato, e forse bisogna aver vissuto almeno mezzo secolo per capirla. Forse è solo lo specchio matto della nostalgia che ci gioca uno scherzo, ma questo non cambierà il fascino del ricordo. Probabilmente cose di questo genere accadono ancora in tanti pesi ovunque, ma non ce ne accorgiamo certo leggendo i giornali. C'è un senso di comunità, di civiltà, un qualcosa che si trova nella vasta area tra un Kibbutz e la vita tra i vicini di casa di un condominio di New York, certo, con la giusta distanza da entrambi.

Sab. 18 dicembre.
Vedo Italiano davanti all'ufficio postale. Sta scavando in una fossa con una altro. Che scavano? Pare che nel '44 i tedeschi minarono la strada che passa davanti al circolo (quel santuario strettamente riservato agli uomini dove si rifugiano saltuariamente dopo cena per bevicchiare con gli amici); le mine furono rimosse dopo la guerra, (sempre secondo Italiano), ma adesso il palazzo sta affondando nel vuoto lasciato dalle mine. Carlo, il postino, mi mostra la crepa nel muro, le piastrelle incavò nel pavimento. Attenti alle mine, dico io. Via! Risponde Italiano, non c'è problema. Speriamo bene.

Sab. 7 gennaio.
Raccontando una notizia riportata dal TG, il caso del tale che venne assolto pur essendo stato imputato d'aver valicato un metal detector (della società dove lavorava la moglie) espropriano un carico di venti chilogrammi d'oro, Italiano offre una delle sue: "Mio nonno diceva, 'con i soldi si può mandare l'acqua in salita." A tal proposito, la ditta andò fallita.

Lun. 2 marzo.
Arrivano i carabinieri per fare una visita. C'è il capitano e il brigadiere. Chiacchieriamo un po' nel salotto in compagnia di una possente grappa nostrana al calduccio di un focolare rovente. Il capitano, un uomo ben piazzato sui 40, 15 anni di servizio alle spalle, è un uomo alla mano, ha partecipato a molte indagini sul territorio di Roma prima di essere riassegnato al Valdarno. Ad un certo punto racconta - con molta sincerità - della sensazione che si prova quando si bracca un uomo. Diventa, dice il capitano, la cosa più importante della tua vita; nulla ha importanza tranne la perseveranza. Dice che non conta più la famiglia, nemmeno - a quanto pare - la legge. Ci sono stati dei momenti dove ha dovuto piegare la legge. Per esempio, una volta quando stava per acciuffare un ricercato, bloccò l'accesso alle cabine telefoniche della cava riempiendo le gettoniere con della semplice gomma da masticare. Dopo l'arresto del ricercato, il capitano si chiese in che modo la SIP riuscì a risolvere quel problema alquanto appiccicoso.

Dom. 11 novembre.
Ieri sera siamo andati alla festa del Paese, la solita storia, bistecche, rosticciane e barili di vino, non si può chiedere di meglio, anche se non è il tipo di menù che t'ispira ad andare a ballare, cosa che hanno fatto poi tutti gli altri. Andando a casa sotto il plenilunio d'equinozio, mi sono fermato a fare due chiacchiere con Mario, il mio "sponsor" nella annuale gara di marcia svoltasi il precedente pomeriggio (Mario faceva parte del movimento di massa di uno o due Pievigiani che volevano a tutti i costi premiarmi con tanto di coppa "per l'atleta che viene da più lontano" il che spiegherebbe la ragione per cui sono arrivato ultimo). Stavo giusto lamentandomi delle noie che avevo durante l'allenamento per via dell'inusuale invasione di tafani. Lui era d'accordo, e disse: "pensandoci bene, l'altro giorno ne ho inghiottito uno. Stavo cercando di stare dietro a Silvano e respiravo con la bocca aperta quando a un tratto me ne trovo uno in gola. Ho avuto disturbi allo stomaco per l'intera giornata". È terribile, dissi io, ma lui alzò le spalle, dicendo: "ma quella ha avuto la peggio".

Dom. 9 ottobre.
Di nuovo stagione di vendemmie. Questa settimana la nostra: 37 ½ casse. Ho controllato i dati dell'anno scorso, ma la mia calligrafia è illeggibile, persa in uno sgorbio color vino. Ma comunque mi ricordo che c'erano più di 50 casse, forse 52, in ogni caso trabordavano, ragion per cui facemmo diverse bottiglie di rosé. Quest'anno il mosto metro - indicatore del contenuto di zucchero nella uva - legge sempre oltre il 20, il che significa che sarà un buon vino toscano. Mi trovo spesso in viaggio, e talvolta quando arrivo a New York (dove sono nato e cresciuto) dopo un'assenza di sei mesi e passa, mi trovo in un mondo di trend, mode, e anche di nuove parole da aggiungere al mio vocabolario. Ma quando torno nella mia casa di Pieve a Presciano, c'è la stessa gallina che attraversa la strada, la stessa capra che fa "beeeh", e lo stesso signor cipresso che mi da il benvenuto sventolando nella brezza la sua cima puntellata. Mi rendo conto dell'illusione, che anche le galline, le capre e i cipressi hanno il loro ciclo di vita. Sono cambiate più cose negli ultimi 15 anni - di solito per il meglio, questo lo confermerebbero gli anziani del paese - che nel precedente secolo e passa. Vittoria dice: "Guarda, bisogna sapere che la vita è nient'altro che un passaggio". Ma ho trovato un luogo dove si può tornare dopo un lungo viaggio per ritrovare un posto dove tutto il mondo sembra giusto, ed ogni cosa, che sia grande o piccola, si trova al suo posto. È un passo da qui, in fondo alla strada. Passa l'anno… Di ritorno il 27 maggio, dopo un mese negli Stati Uniti. Non posso più illudermi dell'eternità rurale della Pieve, specialmente dopo quello che è successo ieri sera. Franca ha inaugurato il nuovo alimentari, decentrato dal paese e portato ai quartieri periferici dopo la falegnameria. Potrebbe benissimo stare nella California. La festa è stata divertente; anche un segno dei tempi cambiati. C'era uno scenario strabiliante quando ci siamo incamminati, al calar del sole, verso casa - Nonno Luigi della Franca stava sulla collina prospiciente al nuovo edificio. Stava li, bagnato dalla luce de crepuscolo, forse è l'uomo più anziano del paese, certamente il più vigoroso, il più patriarcale, scrutando dall'alto i colori del crepuscolo - a distanza d'orecchio dalla festa, ma in completa solitudine, con la giacca sulle spalle, come sempre. Passando con la macchina ci ha fatto un regalo: un saluto espansivo. L'altro giorno, nell'ufficio postale, stava farfugliando di suo padre e tanta altra gente che se ne era andata già da tanto tempo, però ne parlava come se stessero dietro l'angolo. Parlava con Franchino (classe 1906). Luigi diceva: "Se ho campato finora, qualcosa ho fatto". Devo scrivere di più quando sento dire queste cose, anche dagli altri.

Mar. 24 Luglio.
Arriva una lettera dalla chiesa, S. Pietro Apostolo. Chiedono soldi per pagare i lavori di ristrutturazione del campanile. Il costo è di venti milioni, diciotto milioni e novecentomila per la ristrutturazione e un milione e centomila per cambiare il parafulmine. Ci sono 130 famiglie nella chiesa, dice il comitato, e dato che mancano tredici milioni (sette milioni ci sono già) la "gelida matematica" scaturisce che ognuna di queste famiglie deve pagare centomila lire. Anche se l'edificio sarà solo della fine dell'ottocento, il campanile è discreto, e a dir la verità la ristrutturazione ha "riportato la chiesa al suo splendore originale", come scrive il comitato. Le campane, e il campanile sono ingranaggi fondamentali nella vita quotidiana del paese, anche se il mondo moderno sta lentamente offuscando i loro ruoli. Suonano alle 6,30 del mattino per coloro che devono andare nei campi; suonano a mezzogiorno per la pausa pranzo, e di nuovo a fine giornata; suonano quando muore uno di noi, e un'ora prima di ogni messa. I giorni, in tempi remoti, erano coccolati, informati dalle campane, e ci sono ancora, ma pochi ormai, che attizzano l'orecchio per seguire i messaggi del dì. Incuriositi vi chiederete "e con questo"? Niente. Solo un piccolo senso di sconforto sapendo che le campane stesse non si muovono più, e non c'è nemmeno il campanaro del paese. C'è solo un motore elettrico.

Sab. 28 luglio.
L'argomento principale da queste parti è l'acqua, e il caldo, l'abbondanza di quest'ultimo, e la scarsità del primo. Ma questa mattina, sulla panchina del parco, bastone in mano, Franchino è capitato sull'argomento dei miracoli (avendo finito sull'acqua e il caldo). Non ci crede manco un poco, dice, irridendo tutte quelle persone che buttano via le loro stampelle. Però la bestemmia la trova tonificante. Un uomo si deve sfogare, asserisce Franchino raccontando di un certo giovane che era così chiuso in sé stesso che in un momento di crisi si buttò in un pozzo e annegò. Se si fosse espresso non sarebbe successa questa disgrazia. L'uomo con il bastone seduto accanto, il cui nome non conosco, non era della stessa idea. Lui credeva nelle proprietà positive della redenzione della fede, se uno ce l'ha veramente nel cuore. In tal caso la fede può essere più terapeutica di un dottore. Franchino continua ad essere scettico… Ieri siamo andati alla prima, ufficiale mostra d'arte della Pieve: una mostra dell'Architetto Austriaco Puhringer, esibita alla "Ex-Filanda" di Arturo Ghezzi. La vecchia filanda dei Ghezzi è stata trasformata in un oasi per artisti, studi e spazio esposizioni (in mezzo a un campo di ganturco). Bellissimo lo è. Funzionale,chissà.

Lun. 30 luglio.
Ieri è venuto su Ilario il rabdomante in cerca di acqua. L'attrezzo del mestiere è un vinco appena tagliato. Il vocabolo italiano lo definisce "ramo flessibile di salice o altra pianta". Ci sono diversi rami grezzi sul sedile anteriore della sua Panda. Conosco bene la pianta. È un cespuglio che gode d'umidità ed è spesso usato per la sua flessibilità - nel legare le viti per esempio - e meno spesso per le sue misteriose proprietà magiche. Si tratta della famosa bacchetta rabdomantica, da queste parti si usa ancora. In ogni caso Ilario mi ha cortesemente permesso di seguirlo mentre fa rabdomanzia nelle fratte. Il vinco, spogliato delle sue foglie a lacrima, smilzo come una matita, viene piegato a forma circolare per poi essere impugnato con ambedue le mani in posizione estesa. Ilario stava procedendo con un passo simile a quello del mostro di Frankenstein. Le sue scarpe da ginnastica erano di un rosso sbiadito, da tempo perforate dai suoi ditoni. Passa non più di un minuto "acqua"! A circa trenta metri di profondità, secondo lui. Ma purtroppo l'acqua era due passi oltre il confine della nostra terra e ha dovuto spedirlo in un'altra direzione. Abbiamo scoperto che ce n'era a fiotti sotto il vigneto superiore (confermando le dicerie), e per ragioni di convenienza - il problema del pachiderma di camion che porta in groppa la perforatrice - Ilario, o la "Forza" in lui, ha deciso che il punto ideale era all'incirca a metà della stradina sterrata che confina con il bosco da un lato e il vigneto in questione dall'altra. Fin qui tutto a posto, finché Ilario non è tornato in macchina per prendere un'altra bacchetta più fine, e quindi immagino "più sensibile". "Qui non ci piove", ha detto… un idioma che non avevo mai sentito prima e che doveva essere interpretato. Quello che voleva dire era che "questo è un punto dove puoi essere sicuro che troverai acqua", o meglio ancora, "Qui sei coperto", come se stessi sotto ad un buon tetto durante la pioggia. A vedere Ilario, fare il rabdomante sembra un lavoro duro. Quando arrivano le vibrazioni non solo il vinco viene piegato verso terra, ma ti dà una tremenda botta, o almeno ci prova, quando si mette a tremare. Ilario un paio di volte ha dovuto smettere per recuperare le forze. Che buon vicino abbiamo!... Oggi si è presentato Ilario come promesso. Questa volta in compagnia del figlio del pozzaio, un giovane alto, abbronzato, con le catenine d'oro, un orologio costellato di diamanti, e un biglietto da visita fosforescente. "Non crede che dovrei consultare un geologo"? Gli ho chiesto, non prima di essermi accertato della lontananza di Ilario. Il giovane ha sorriso, come per deridere la mia poca fede. "Certo può ottenere una ricerca geologica", ma ha aggiunto, fregando il pollice su due dita: "costa". Nel frattempo Ilario ha confermato il punto di ieri, ma sul suggerimento di Beverly ha deciso di esaminare l'area dove avevamo già un pozzo superficiale. "Il pozzo deve stare qui", ha detto Ilario tremando veementemente in questo nuovo loco. "Non riesco nemmeno a tenere il vinco in mano".

Ven. 2 agosto.
Ieri sera abbiamo incontrato Raimondo che stava camminando con il suo amicone americano Stan Galli. Gli ho detto che la trave pericolante della pergola è finalmente crollata. "Senta, ha detto, se non si abbattono gli alberi durante la luna giusta, la trave marcisce. La luna deve essere tra piena e nuova". Assorbendo questa informazione, mi sono trovato ribattendo che, dopo tutto, la trave è durata sedici anni, e quella centrale pare ancora nuova. Ma in questo Raimondo ha trovato solo la conferma della sua teoria lunare, chiaramente la trave centrale è stata tagliata durante la fase lunare giusta.

Lun. 5 agosto.
La notte scorsa, sono uscito per vedere che cos'era quel rumore di animale-mangia-legna e per spiare tra la luce lunare un paio di caprioli di cui avevamo sentito parlare. Fuggono via, lasciandomi quest'immagine meravigliosa eternamente scolpita nella mia mente. Gio. 19 settembre. Ho sentito due proverbi locali. Nel primo, Angelino sta rispondendo al mio commento che Luigi, il nonno di sua moglie, è ancora un ottimo artigiano. Ha rammentato le nostre sedie di paglia, un modello alquanto intricato. Angelino ha risposto: "L'uomo che impara arte, mette da parte". Questa mattina, come tante altre, incontro il vecchio artigiano in persona e cominciamo a parlare del bel tempo, come sempre, "il tempo non cambierà fino a domenica", dice. "Chi lo dice"? chiedo io. "Lo dico io" risponde con solida autorità. Poi dice: "Il tempo buono è come la salute: non è mai troppo".

Lun. 28 ottobre.
L'altro giorno sulla salita verso casa vedo un paio di vecchiette che raccolgono legna dove una volta giocavano le capre (ahimè, non ci sono più). Una delle due dice: "Ti scaldi due volte con questa legna: quando accendi il fuoco e quando la raccogli". Questa battuta deve essere una di quelle antiche, mi dico tra me dopo una lunga risata, ma proprio preistorica, eh! Dev'essere una "barzelletta" scritta subito dopo la scoperta del fuoco. Allora vuol dire che c'erano anche scrittori, e pure comici in quei tempi. Ma forse…forse. Tutto quello da scrivere è già stato scritto proprio qui.

— Robert Katz

 

 

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